A fine febbraio l’assessorato al Welfare e Salute del Comune di Milano ha organizzato il Forum Welfare 2024, una due giorni dedicata alle sfide sociali che investono la dimensione locale, con l’obiettivo di rafforzare l’alleanza tra i diversi attori del territorio e confrontarsi su temi urgenti come invecchiamento, immigrazione, disagio giovanile, disabilità, lavoro sociale, disuguaglianze. Al panel di approfondimento sul tema dell’invecchiamento “Come ci prepariamo al futuro?” – dedicato ad immaginare e costruire risposte innovative, centrate sull’integrazione socio-sanitaria e il welfare territoriale, il senior housing diffuso, l’invecchiamento attivo e un approccio intergenerazionale – ha partecipato anche Elisabetta Donati, responsabile Area Cultura e Ricerca di Fondazione Ravasi Garzanti.
Di seguito il testo del suo intervento.
La vita e la salute sono temi collettivi ma senza una filosofia del vivere adatta ai nostri tempi, cosa sappiamo di cosa vuole davvero la gente dalla salute e dalla longevità? Desideriamo vivere più a lungo ma cosa faremo di una vita più lunga se non sappiamo coglierne un senso individuale e collettivo? Una vita eternamente lunga, come sembrano prometterci molte direzioni delle ricerche più avanzate nel mondo, in una società sempre più inadatta a vivere insieme? Ci basta l’idea di aggiustare le varie parti del nostro corpo? O nel mentre ragioniamo di risposte o di mancate o parziali risposte, teniamo aperto il registro riflessivo sul significato più ampio di queste nostre vite che si allungano nel tempo comunque breve delle nostre esistenze?
E’ questo quello che proviamo a fare come Fondazione Ravasi Garzanti, un ente filantropico che collabora con molti attori e cittadini su specifici progetti, contribuendo a distribuire conoscenze, relazioni e risorse. Ci piace provare a comporre le risorse già presenti nella città, quelle materiali e immateriali, e poi metterle a disposizione, funzionando come una piattaforma sempre aperta.
La rete dei nostri sportelli CuraMI e ProteggiMI, nata con diversi enti del Terzo Settore, attiva continue collaborazioni creando punti di accesso territoriali a cui si risponde con gruppi multiprofessionali. A titolo di esempio: sappiamo che molte persone anziane godono della compagnia di animali, soprattutto gatti e cani ed esiste una fondazione che se ne occupa, Fondazione Prossimo Mio. Ne è nato un percorso di aggiornamento per assistenti familiari per arricchire il loro profilo professionale ed occasione per fare il punto sulla loro storia di lavoro. Sono risposte di benessere in plurime direzioni.
Accanto a questo, la nostra attività di ricerca ha messo insieme studiose e studiosi di tutti gli atenei milanesi per realizzare il primo Rapporto sull’invecchiamento. E con il gruppo di ricerca Cergas-Bocconi abbiamo terminato una ricerca sulle famiglie che curano persone anziane con demenza a domicilio. Titolo: Meglio a casa? Con disegni sperimentali volti non solo a chiedere ma a sollecitare nei caregiver, quasi tutte donne, esplicite riflessioni sulle strategie e le logiche che le determinano. Le famiglie milanesi gestiscono circa l’86% delle situazioni complesse di demenza con dotazioni di risorse economiche, materiali, di tempo e di equilibrio e vanno riconosciute come attori strategici del welfare cittadino, da mettere in un circuito di pluralità di soggetti della città, cosicché la loro esperienza attuale aiuti a formulare risposte evolute per quelle future. Una logica di cooperazione da rendere più evidente e da comunicare come risorsa di una città che si prende cura di se stessa e dei suoi abitanti più delicati. La letteratura scientifica può aiutare tutti noi a guardare alla longevità come grande esperimento individuale e collettivo.
Stiamo provando a costruire le condizioni per una grande alleanza per la longevità a Milano, attivando reti di collaborazione fra diverse realtà filantropiche ed enti del terzo settore. Anziché perseguire ciascuna propri nobili obiettivi, far convergere risorse su letture più raffinate dell’invecchiamento e delle sue molte facce, ed insieme provare a identificare alcune iniziative da portare all’attenzione anche della Pubblica Amministrazione.
E l’azione più culturale con diverse istituzioni al nostro fianco già da anni (teatro, cinema, danza, musei) e riprogrammate per i prossimi anni, per guardare all’invecchiamento con diverse lenti, trovando altre parole: vogliamo vedere più in là perché le persone con le loro esistenze proliferano il reale.
In sintesi: non una città per vecchi ma la longevità come opportunità per la città.
Con la PA che coordina un grande gioco di squadra, dove basilare è disporre di una conoscenza puntuale degli attori in campo da parte di chi ha funzioni di governo, perché come le nostre ed altre ricerche rivelano, la città sta già rispondendo ai propri bisogni con iniziative che vanno fatte entrare in percorsi virtuosi di tutte le sue componenti per aiutarle a dispiegarsi al meglio, sostenendo quelli più in difficoltà, ma anche secondo proprie logiche e preferenze. Un Comune non può vedere da solo le complesse trasformazioni del nostro divenire nel tempo e le vecchiaie non ci rendono omogenei, anzi. Allora, come ci dicono i demografi, assumere l’inevitabile responsabilità di guidare le trasformazioni future. L’amministrazione può decidere di trasformarsi da soggetto che affida la gestione di servizi (sempre inesorabilmente inadeguati) a soggetto che anima e sostiene la capacità della città di rispondere ai propri bisogni. La città è un traduttore e alla sua traduzione è delegata la possibilità di cambiare la traiettoria di vita dei suoi abitanti attraverso le attività di tutti i giorni.
Le generazioni che non sono ancora vecchie sfideranno quello che diamo per scontato dell’invecchiamento. Per sostenere la longevità in salute le città, che diventano sempre più luoghi di attrazione anche per età più mature, hanno bisogno dell’impegno collaborativo di tutti gli assessorati. E devono dichiarare ai propri cittadini l’obiettivo ed il senso di città della longevità in un patto di accordo e sancire la fine di un modello mono generazionale. Siamo convinti che questa consapevolezza possa offrire a Milano, anche per questa grande innovazione, un ruolo di leadership nazionale.